(di Vanessa D’Acquisto) Proseguiamo il nostro racconto sulle tradizioni siciliane secondo Giuseppe Pitrè, questa volta con la storia di S. Lucia. Come si sa, S.Lucia è la protettrice degli occhi e per guarire da affezioni o per scongiurarli, il 13 dicembre si fa la penitenza non mangiando pane e recitando la preghiera Santa Lucia, pani vurria, pani nun n’aiu, accussì mi staju. Così, mettendo in evidenza il sacrificio fatto, la santa non potrà fare a meno di ricambiare. In sostituzione del pane, si mangiano legumi, panelle, riso e la cuccìa.
I venditori di panelle addobbano a festa le loro botteghe per attirare i clienti (parrucciani), appendendo i prodotti o disponendoli su bianche tovaglie; vengono fatte di varie forme, anche quella di pesci, chiamandoli pisci-panelli. E poi c’è la cuccìa, il cui nome può derivare da “cocciu” (chicco), o da “cucciari”, cioè mangiare un chicco alla volta. Ma perché si può mangiarla se è fatto con il frumento? Non è dal frumento che si fa la farina per il pane e la pasta? Si, è vero, ma il frumento cotto o lessato presente nella cuccìa, non è ancora farina. A Siracusa, di cui la santa è patrona, il giorno della festa le reliquie di santa Liciuzza escono dalla Cattedrale e accompagnata dalla banda musicale fa il giro delle vie principali. La processione è accompagnata da un gran vociare e, al primo momento di calma, erompe una voce: Viva Santa Lucia! Saragusani, aviti ancura vuci? E il popolo risponde: Si! Viva Santa Lucia! Le reliquie vengono poi portate nella chiesa di “Santa Lucia fuori le mura”, nel sobborgo Santa Lucia, nel convento che, secondo la leggenda, fu il luogo del martirio. Al suo interno si trovano la colonna dove fu flagellata, un magnifica cupola che sovrasta il sepolcro, e il quadro di Caravaggio che rappresenta la morte della vergine (vedi foto). La santa rimane qui per otto giorni, per poi tornare a “casa” sua, in Cattedrale. Anche Carlentini è legata alla Santa, poiché vantava il possesso di un ossicino del dito della vergine. Nel 1849, l’arcivescovo di Siracusa, esaminando la reliquia, affermò che non poteva appartenere ad essa, la portò a Siracusa e la sostituì con un lembo di veste. I maligni asserirono che lo scambio fu fatto solo perché l’osso faceva comodo a Siracusa. Nonostante questo, i festeggiamenti in onore della santa si facevano e si fanno sia per la prima che per la seconda reliquia. A Realmonte, invece, la vigilia della festa ad ogni angolo della città si accendono grandi falò a ricordare il rogo che minacciò la santa. Anche qui il 13 dicembre si digiuna in segno di penitenza.
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2015 Prodotto da Edigma | Testata registrata presso il Tribunale di Palermo, n.18 del 05/11/2013 ISSN 2783-3242 P.iva 05077510823