(di Maria Grazia Sclafani) Scopello è un antico borgo settecentesco situato a pochi chilometri da Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, nel cuore della Riserva dello Zingaro.
A “Skopelòs”, dal greco “lo scoglio”, il tempo sembra essersi fermato. Tutto ruota intorno a pochi elementi semplici, rimasti immutati nel trascorrere degli anni: una fattoria fortificata del XIII secolo, con un ampio cortile chiamato baglio (dall’arabo bahal: cortile), circondata da poche case addossate, una piazzetta lastricata, un abbeveratoio di pietra e un panorama mozzafiato. Niente di più. D’inverno gli abitanti sono appena 80. Non c’è un supermercato, né negozi moderni. Il baglio di Scopello attualmente ospita un bar, un ristorante e alcuni negozietti di prodotti artigianali dove è possibile acquistare oggetti di ceramica tipica del luogo. Il borgo si anima a partire dalla tarda primavera, quando le temperature più miti inaugurano le prime gite fuori porta e i primi turisti dal Nord Europa, convinti che sia già estate, sbarcano in Sicilia. Se, visitando Scopello, avete la sensazione di ritrovarvi sul set del Commissario Montalbano, non vi state sbagliando: qui è stato girato l’episodio il “Senso del tatto”, tratto dall’omonimo romanzo di Camilleri. I cinefili più accaniti si ricorderanno di alcune scene di “Ocean Twelve”. I pochi abitanti di Scopello, invece, non le hanno ancora dimenticate: per alcuni mesi le troupe americane hanno letteralmente invaso il borgo, rendendolo off limits a turisti e agli stessi residenti. Dal lato gastronomico, il borgo fa parlare di sé parecchio, mantenendo intatta la sua filosofia d’essere, che risiede nella bellezza delle cose semplici. E’ il caso del “pane cunzato”, preparato con acqua, farina di grano duro, pasta madre, sale; lasciato lievitare a lungo e cotto lentamente nel forno a legna. Il pane cunzato è conosciuto anche come “il pane della disgrazia“: in mancanza d’un companatico ricco, era consuetudine arricchire il pane di sapori, odori e condimenti di poco costo e facile reperibilità. Le donne lo preparavano come pasto per i mariti tornati dai campi o dalla pesca. Un pane “semplice”, caldo, con una bella crosta marrone e la mollica alla giusta lievitazione. Appena sfornato, lo aprivano a metà e lo cunzavano con quei pochi ingredienti di cui disponevano – primosale, pomodoro, sarde salate, origano, sale e pepe, irrorandolo d’olio d’oliva. I più fortunati, si permettevano il lusso d’acquistare un pezzo di sarda da strofinare sul pane; gustandolo, avrebbero goduto, se non del piacere di masticarne le carni, perlomeno dell’aroma e del sentore salato. Da qui deriva la tipica espressione “leccare la sarda” riferita a persone benestanti che, pur avendo i mezzi, conducono uno stile di vita limitato al minimo. Tutti i giorni, nell’antico forno della piazzetta di Scopello, ad ogni ora del giorno fino a tarda serata, il rito del pane cunzato si ripete. Porzioni grandi come la sua bontà. Il pane cunzatu è davvero low cost: appena 3 euro per una porzione gigante e può essere mangiato nel piccolo cortile davanti al forno all’ombra degli alberi di fichi o tra le piante selvagge della riserva della Zingaro, in riva al mare. E uno spettacolo del genere davvero non ha prezzo.
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2015 Prodotto da Edigma | Testata registrata presso il Tribunale di Palermo, n.18 del 05/11/2013 ISSN 2783-3242 P.iva 05077510823